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Discussione: novità giurisprudenziali

  1. #121
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    @Avv. Zaina
    Qua: http://fuoriluogo.it/sito/home/mappa...ito-la-riforma

    c'è scritto che la legge attuale è incasinata e pare che la fini giovanardi non sia stata del tutto cancellata, infatti la Corte ha rimosso solo due articoli su 23.
    Pare che anche gli altri articoli siano ovviamente incostituzionali ma la Corte non li ha ancora cancellati e forse servirebbe una nuova consultazione per togliertli ...

    Ma gli altri articoli di cosa trattano? finanziamente alle comunità, istituzione del DPA e robe simili?

    Il DPA, essendo nato dalla fini-giovanardi non è illegittimo anch'esso?

    Come si può sollevare una richiesta di valutazione costituzionale in questo caso, dato che gli articoli che istituiscono il DPA non sono penali e quindi non possono essere contestati durante un processo?

    Credo che una cancellazione del DPA sia un utile passo iniziale per una riforma della legge, sennò in Italia continuerà a esserci la pressione/propaganda dell illegittimo DPA e sarà difficile fare passi avanti..
    .. molti, nell'opinione pubblica e fra i politici, ancora non si rendono conto che il DPA, a questo punto, non dovrebbe più esistere (per legge!) e che è solo un organo di propaganda politica.

    EDIT: l'articolo dice anche che "Al suo posto rivivono le mai validamente abrogate norme della legge Vassalli-Jervolino, come emendate dal referendum del 1993 (di cui però, la sentenza tace)." Vuol dire che il risultato del referendum del 1993 è stato rispettato solo in maniera parziale?

    -------------------
    OT:
    le segnalo anche: http://enjoint.info/forum/showthread...ewpost&t=23308
    ENCOD sostiene che nei paesi EU in cui il consumo è depenalizzato è possibile aprire CSC.
    È vero?
    Ultima modifica di KGB; 08-03-14 alle 03:28
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  2. #122
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    Citazione Originariamente Scritto da KGB Visualizza Messaggio
    @Avv. Zaina
    Qua: http://fuoriluogo.it/sito/home/mappa...ito-la-riforma

    c'è scritto che la legge attuale è incasinata e pare che la fini giovanardi non sia stata del tutto cancellata, infatti la Corte ha rimosso solo due articoli su 23.
    Pare che anche gli altri articoli siano ovviamente incostituzionali ma la Corte non li ha ancora cancellati e forse servirebbe una nuova consultazione per togliertli ...

    Ma gli altri articoli di cosa trattano? finanziamente alle comunità, istituzione del DPA e robe simili?

    Il DPA, essendo nato dalla fini-giovanardi non è illegittimo anch'esso?

    Come si può sollevare una richiesta di valutazione costituzionale in questo caso, dato che gli articoli che istituiscono il DPA non sono penali e quindi non possono essere contestati durante un processo?

    Credo che una cancellazione del DPA sia un utile passo iniziale per una riforma della legge, sennò in Italia continuerà a esserci la pressione/propaganda dell illegittimo DPA e sarà difficile fare passi avanti..
    .. molti, nell'opinione pubblica e fra i politici, ancora non si rendono conto che il DPA, a questo punto, non dovrebbe più esistere (per legge!) e che è solo un organo di propaganda politica.

    EDIT: l'articolo dice anche che "Al suo posto rivivono le mai validamente abrogate norme della legge Vassalli-Jervolino, come emendate dal referendum del 1993 (di cui però, la sentenza tace)." Vuol dire che il risultato del referendum del 1993 è stato rispettato solo in maniera parziale?

    -------------------
    OT:
    le segnalo anche: http://enjoint.info/forum/showthread...ewpost&t=23308
    ENCOD sostiene che nei paesi EU in cui il consumo è depenalizzato è possibile aprire CSC.
    È vero?
    Devo confessare che l'articolo non mi pare brilli per chiarezza e possa creare alcuni fraintendimenti.
    Comunque ciò che pare pacifico ed indiscutibile che la dichiarazione di incostituzionalità della FINI-GIOVANARDI ha messo a nudo la circostanza - che spesso mi sono permesso di evidenziare attirandomi strali di alcuni - che il ripristino della JERVOLINO-VASSALLI non ha risolto i problemi, anzi.
    L'unico elemento positivo consiste nell'effetto indotto della diversificazione di pene tra droghe leggere e droghe pesanti, in casi di reati conclamati.
    Ma per quanto attiene alla coltivazione nulla è innovato, per quanto attiene, poi, alla detenzione si ritorna al regime vigente dopo il referendum del 1993.
    In relazione al referendum - e per rispondere al suo dubbio - io credo che lo spirito del referendum (che abrogava la dose media giornaliera e i condizionamenti che tale parametro produce su altre situazioni regolate dagli artt. 75 e 76) sia stato rigorosamente rispettato.
    Devo, però, osservare che il legislatore non ha dato corso ad un intervento normativo che meglio e più esplicitamente regolamentasse la detenzione finalizzata al consumo e si adeguasse - a partire dal 2004 - ai paradigmi che la UE ha sancito, indicando la non punibilità di tutte quelle condotte che risultino propedeutiche al consumo personale, negli ordinamenti, come il nostro, che non lo puniscono.
    Dunque la mannaia della corte Costituzionale è intervenuta (indirettamente) esclusivamente sulle norme penali espressamente modificate dalla L. 49/2006 e anche su tutte quelle ulteriori norme (sempre di carattere penale) che pur non facendo parte direttamente di quella modifica si ponessero in correlazione con essa o da essa dipendessero.
    Per quanto concerne i profili amministrativi - ad esempio il DAP e la regolamentazione delle comunità -io credo che due potrebbero essere le linee.
    Una potrebbe essere quella di riformare profondamente il DAP tramutandolo da organo di pura propaganda repressiva, in struttura di informazione, di approfondimento e di coordinamento di attività di ricerca e di studio e sia giuridica, che medica (ricordo come il DAP, senza che alcuno dei tanti nuovi legislatori abbia mai presentato una interrogazione parlamentare, non convochi più la conferenza sulle tossicodipendenze dal 2009!)
    Ad esso potrebbero partecipare anche associazioni riconosciute che operino nel settore degli stupefacenti o delle tossicodipendenze.
    Non dimentichiamo mai, infatti, che trattando la materia degli stupefacenti non possiamo avere occhi solo per la cannabis, ma si devono affrontare le tematiche concernenti i derivati della coca o del papavero che mi paiono indubbiamente assai pericolosi e non sottovalutabili.
    L'altra, più radicale è evidentemente quella dello scioglimento del DAP.
    Ma mi chiedo, non sarebbe più utile e razionale, in funzione della prima delle due ipotesi, sottrarre il DAP dal controllo della Presidenza del Consiglio e, soprattutto, cambiarne i vertici, o meglio, cambiare sia il referente politico, che colui che lo rappresenta in ogni media dove possa avere visibilità senza contraddittorio...inizia per S e finisce per I.
    Un euro a chi indovina!

    PS E' evidente che un chiarimento sulla condizione penale della detenzione agevola sicuramente il cammino dei CSC

  3. #123
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    grazie della risposta.

    riguardo al DPA, chiamandosi "Dipartimento politiche antidroga" credo che abbia già in partenza una predisposizione proibizionista.

    Sarebbe meglio se venisse abolito, inoltre esistono già i Sert per la questione di recupero dalle tossicodipendenze e poi il nome del DPA dà l'idea di un qualcosa di poliziesco e repressivo... quindi anche il Ministero della Salute sarebbe di gran lunga più adatto a occuparsi del tema, anzichè un "DPA" (o "DAP" .. ancora non ho capito bene come s'abbrevia .. appare ovunque in entrambi i modi)

    Poi ho trovato questo:
    "Federserd e DPA chiedono il divorzio"
    http://www.fuoriluogo.it/sito/home/m...no-il-divorzio

    Non ho capito se è una federazione dei Sert * , se lo fosse sarebbe un'ottimo sostituto del DPA e il DPA sarebbe ancor più superfluo...

    * o forse comprende anche le comunità ? (in quel caso allora no, non varrebbe certo come sostituto.. )
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  4. #124
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    BREVI OSSERVAZIONI
    IN RELAZIONE ALL'ART. 73 COMMA 5° DPR 309/90 .


    Ai fini di una corretta esposizione del tema, deve essere premessa la considerazione che l’abrogazione per declaratoria di incostituzionalità degli artt. 4 bis e 4 vicies ter del D.L. 272 30 dicembre 2005, convertito nella L. 49 del 21 febbraio 2006, intervenuta con la sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 12 febbraio 2014), ha determinato la riviviscenza delle norme anteriormente vigenti e, dunque, in primo luogo – ai fini che ci occupano – dell’integrale testo dell’art. 73 del dpr 309/90, così modificato dal dpr 5 giugno 1993 n. 171 attuativo il referendum tenutosi il 18 aprile 1993.
    La Consulta, infatti, dichiarando l’incostituzionalità dei due articoli del citato DL 272/2005 (e, di conseguenza, della L. 49/2006) in relazione all’art. 77 comma 2 Cost., ha ordinato testualmente di rimuovere “le modifiche apportate con le norme dichiarate illegittime agli articoli 73, 13 e 14 del d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 ”.
    Dunque, ritorna, naturalmente, vigente la dicotomia sanzionatoria fra sostanze cd. “pesanti” (inserite nelle tabelle I e III dell’art. 14) e sostanze cd. “leggere” (inserite nelle tabelle II e IV dell’art. 14).
    Parrebbe, pertanto, che, in sede di eventuale applicazione dell’istituto della lieve entità, non vi possano essere dubbi di sorta, posto che la decisione della Corte Costituzionale è apparsa talmente tranciante e radicale, in quanto ha investito, tra quelli eccepiti, il profilo di maggiore ampiezza (vale a dire, cioè, quello concernente l’aspetto della procedura di conversione del d.l. 30 dicembre 2005 n. 272 nella L. 21 febbraio 2006 n. 49).
    E così, appare sul piano strettamente formale.
    Il giudice delle leggi ha, infatti, affermato inequivocabilmente– nella ricordata sentenza - che “gli effetti del presente giudizio di legittimità costituzionale non riguardano in alcun modo la modifica disposta con il decreto-legge n. 146 del 2013, sopra citato, in quanto stabilita con disposizione successiva a quella qui censurata e indipendente da quest’ultima”.
    Dunque, secondo quanto affermato nella recente sentenza della Sez. IV della Corte di Cassazione, n. 10514/14 (28.2/5.3.2014), sul piano formale è intervenuto un diretto innesto del disposto dell'art. 2 D.L. 146/2013, nel corpus dell'art. 73, quale esso risulta nel testo ripristinato dalla declaratoria di illegittimità costituzionale degli artt. 4 bis e 4 vicies ter del D.L. 272/20051.
    L’applicazione concreta e tout court di tale interpretazione incontra, però, un limite.
    E' bene ricordare che la grande novità che connota l'art. 2 del recente D.L. 23 dicembre 2013 n. 146 (conv. nella L. 10 del 21 febbraio 2014) consiste nella modifica strutturale e sostanziale dell’istituto della lieve entità.
    Esso, da circostanza attenuante ad effetto speciale è, infatti, divenuto reato autonomo, con riduzione della pena massima edittale, ma, contemporaneamente, con la previsione di un medesimo ed unico trattamento sanzionatorio2 , tra droghe pesanti e droghe leggere.
    La scelta di prevedere un'unica pena appare, attesa la sopravvenienza della decisione della Corte costituzionale, (la quale ha affermato che, però, la sentenza n. 32 non investe questa specifica norma, promulgata dopo la proposizione dei quesiti di legittimità costituzionale3, ma prima della pronunzia relativa), induce al sospetto di incostituzionalità, e, comunque, di un irragionevole contrasto, quoad poenam con il complessivo testo dell'art. 73 tornato vigente.
    Va osservato, inoltre, che alla luce di quella che, allo stato, pare dal giudice di legittimità, accreditata come interpretazione autentica, la sospetta incostituzionalità dell'art. 73/5° come modificato dall'art. 2, troverebbe ulteriore supporto nel ripristino della ripartizione delle sostanze stupefacenti nelle quattro tabelle portate dall’art. 14, che risponde a criteri che intendono come preminente l'offensività e la pericolosità effettiva, specifica e concreta delle singole circostanze.
    A tale considerazione andrebbe aggiunta anche la intrinseca contraddizione di cui si connota la norma in parola, la quale introduce un ingiustificato doppio binario sanzionatorio, per condotte identiche nella loro struttura materiale e differenziate, solamente, nella loro portata offensiva esterna.
    In proposito sia consentito osservare che anche la giurisprudenza di legittimità non appare in grado di fornire convincenti soluzioni sul tema.
    Recentissimamente, infatti, la già citata sentenza 10514/14 ha sostenuto, (suscitando, peraltro, rilevanti perplessità), che il trattamento sanzionatorio unitario previsto dalla riformulazione del comma 5° secondo il disposto della L. 10/2014, non solo risulterebbe compatibile – pur nella sua diversità - con la complessiva struttura della norma incriminatrice in questione (l'art. 73), ma, addirittura, non sarebbe ravvisabile irragionevolezza nell'obbiettivo contrasto tra “la norma introdotta dal citato art. 2, con il parametro costituzionale di cui all'art. 3 della Costituzione”.
    Sostiene, in proposito, il Collegio di illegittimità che il legislatore avrebbe, per nulla irragionevolmente, deciso di svalutare “il rilievo della natura della sostanza stupefacente tratta........a fronte di specifiche modalità del fatto criminoso, tali da rivelarne la concreta ed obbiettiva ridotta idoneità offensiva..”.
    Si tratta di una spiegazione che non convince, perchè le modalità del fatto cui la Corte di Cassazione opera riferimento – in realtà – già vengono utilizzate nella ratio della norma attenuatrice, come paradigma per definire il livello dell'entità della condotta.
    La Corte, quindi, finisce per confondere quei parametri che – espressamente previsti dal comma 5° - costituiscono l'elemento essenziale, l'in sé, che qualifica e differenzia tale disposizione di legge rispetto alla previsione ordinaria dei commi 1 e 4 dell'art. 73, (in quanto essi distinguono il grado di particolare allarme e di specifica pericolosità – soggettiva - che condotte tassativamente individuate suscitano intrinsecamente), con quella che, invece, appare una ratio filosofica fondamentale del legislatore del 1990, e che attiene ad una forma di pericolosità distinta e totalmente autonoma rispetto a quella precedente esaminata, perchè essa, invece, di natura oggettiva, siccome correlata con la tipologia dello stupefacente.
    Neppure il successivo richiamo al potere discrezionale del giudice – che si ricollega ad una presunta pluralità di soluzioni sanzionatorie – pare conclusione priva di pregio giuridico, posto che esso riprende una considerazione (svolta in sede di giudizio di costituzionalità dalla Avvocatura di Stato, onde sostenere la legittimità del trattamento unico sanzionatorio introdotto con il D.L. 272 del 2005), che la sentenza della Consulta ha mostrato di non tenere in alcun conto.
    D'altronde, il problema della coerenza intrinseca di una norma complessa, quale appare l'art. 73 – vera architrave della disciplina penale del diritto degli stupefacenti – non può essere risolto con affermazioni stilemiche od astratte.
    Sia consentito, altresì, osservare che la tesi espressa dalla Suprema Corte non tiene in debito conto anche di altri rilevanti profili, riconducibili al tema in questione.
    La pena prevista dall'art 73/5° modificato ex art. 2 L. 10/2014, mentre appare sostanzialmente differente e radicalmente inferiore rispetto a quella prevista dal comma 1° dello stesso articolo (che disciplina le sostanze contenute nelle tabelle I e III)4, evidenziando, così, il carattere di effettiva minore offensività, peculiarità propria della lieve entità, non presenta, invece, le stesse rilevanti differenze rispetto alla pena portata dal comma 4° (che, a propria volta, disciplina le sostanze contenute nelle tabelle II e IV).
    Si può, infatti, notare tale omogeneità, in quanto mentre la pena prevista dal comma 5° dell'art 73, come modificato ex art. 2 L. 10/2014, è della reclusione uno a cinque anni e della multa da € 3.000 a € 26.000, quella del 4° comma del testo ripristinato è della reclusione da due a sei anni e della multa da € 5.164 a € 77.468.
    Dunque, i dati normativi sopra richiamati evidenziano – oggettivamente – una grave, quanto illogica ed ingiustificata disparità di trattamento fra condotte del tutto simili, atteso che a fronte di un sensibile divario del quantum di pena (fra l'ipotesi ordinaria del 1° e quella lieve del 5° comma) per quanto concerne le sostanze stupefacenti di cui alle tabelle I e III (quindi – paradossalmente – per eroina, cocaina etc. sostanze di maggiore intrinseca pericolosità), non corrisponde una analoga proporzione, fra l'ipotesi di pena ordinaria del 4° e quella della lieve del 5° comma, per quanto concerne le sostanze stupefacenti di cui alle tabelle II e IV, che – in tutta evidenza- esprimono una minore pericolosità.
    La quasi coincidenza dei trattamenti sanzionatori fra 4° comma e nuovo 5° comma, appare un'opzione che, oltre a creare un grave problema di coordinazione tra il nuovo specifico testo e la complessiva struttura dell'art. 73, rimasta in vigore, risulta assolutamente irragionevole e confliggente con l'art. 3 Costituzione e penalizza le condotte di lieve entità riguardanti la cannabis.
    Il vizio di irragionevolezza è palesemente rinvenibile nel citato trattamento di maggiore favore che (espresso attraverso la notevole differenziazione fra la pena ordinaria e quella attenuata) concerne sostanze che esprimono una maggiore pericolosità, a scapito di quelle meno pericolose.
    La lesione del diritto di uguaglianza deriva dal fatto che la diminuente in questione (sia ritenuta circostanza o reato autonomo) poiché appare applicabile attraverso l'adozione dei medesimi parametri valutativi a tutta una serie di condotte, aventi ad oggetto tutte le sostanze stupefacenti, deve operare in modo da non violare un principio di reale proporzionalità ed adeguatezza della sanzione al fatto ed all'offensività che lo stesso esprime.
    Non pare, quindi, razionale, nè giustificabile la scelta normativa che adotti, in relazione alle droghe riconducibili alle tabelle I e III, una proporzione di riduzione nei minimi edittali da otto anni ad un anno (pari ad una diminuzione sulla base percentuale dell'87%) e nei massimi edittali da venti a cinque anni (pari ad una diminuzione su base percentuale del 75%), mentre risulta ictu oculi che le proporzioni di riduzione relative alle droghe riconducibili alle tabelle II e IV, non appaiono minimamente simmetriche a tali criteri.
    Quello sin esposto, comunque, nella sua rilevanza appare un nodo che deve essere sciolto rapidamente, attraverso una nuova attribuzione al giudice delle leggi della valutazione in ordine alla compatibilità dell'art. 2 – e dell'art. 73 comma 5 così derivato - con la trama costituzionale vigente.

  5. #125
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    Cari amici
    desidero informarvi di una interessante sentenza emessa oggi dal Tribunale di Ascoli Piceno, in un procedimento dove assistevo una persona imputata di coltivazione di 3 piante di altezza media di mt. 2 e della detenzione di complessivi gr. 280 di marjiuana (in quattro campioni) con un principio attivo che andava dal 13,9% al 22%, si da ricavare circa 1560 dosi e che superava di 76,80 volte la quantità massima detenibile (pari a 500 mg.).
    Il Tribunale ha assolto la persona dal reato di coltivazione.
    Allo stato attuale non sono pubblicate le motivazioni ma è ragionevole ritenere che il giudice abbia tenuto conto della dedotta circostanza della assenza di una analisi specifica (era stato operato un controllo con il solo reagente DUQUENOIS) sulle piante.
    L'assenza di tale verifica - anche se il DUQUENOIS aveva dato esito positivo - è decisiva, (ancor prima di stabilire se il risultato della coltivazione era destinato ad un uso personale o meno) in quanto non era dato sapere il sesso delle piante, il quantitativo effettivo di thc che ciascuna di esse potesse contenere ed anche perchè il DUQUENOIS (nella letteratura scientifica) è conosciuto come un reagente poco affidabile, perchè crea molti risultati "falsi positivi".
    Dunque, coltivare in sè non può essere ritenuto presuntivamente un reato ed una volta verificati alcuni dati tecnici si dovrà valutare anche se i prodotti della coltivazione siano destinati o meno al mercato dello spaccio.
    Il secondo aspetto importante è stato dato dal fatto che la condotta di detenzione dei gr. 280 è stato qualificata come ipotesi di lieve entità ed è stata inflitta la pena di 8 mesi di reclusione, utilizzando la pena prevista dal testo dell'art. 73 comma 5° ripristinato dalla sentenza della Corte costituzionale.
    E' plausibile ritenere che il Tribunale abbia ritenuta che solo una modestissima parte dello stupefacente detenuto potesse essere destinata a terzi, mentre la gran parte ben avrebbe potuto soddisfare il fabbisogno del detentore.
    E' importante, quindi, il giudizio di limitata offensività e pericolosità della condotta che ha comportato una pena certamente modesta.
    Ultima modifica di Avv. Zaina; 24-03-14 alle 16:23

  6. #126
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    280gr me li fumo in 2 mesi. Non è giusto.

  7. #127
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    Citazione Originariamente Scritto da the.pitbull Visualizza Messaggio
    280gr me li fumo in 2 mesi. Non è giusto.
    Perchè non è giusto?

  8. #128
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    Citazione Originariamente Scritto da Avv. Zaina Visualizza Messaggio
    Il secondo aspetto importante è stato dato dal fatto che la condotta di detenzione dei gr. 280 è stato qualificata come ipotesi di lieve entità ed è stata inflitta la pena di 8 mesi di reclusione, utilizzando la pena prevista dal testo dell'art. 73 comma 5° ripristinato dalla sentenza della Corte costituzionale.
    E' plausibile ritenere che il Tribunale abbia ritenuta che solo una modestissima parte dello stupefacente detenuto potesse essere destinata a terzi, mentre la gran parte ben avrebbe potuto soddisfare il fabbisogno del detentore.
    E' importante, quindi, il giudizio di limitata offensività e pericolosità della condotta che ha comportato una pena certamente modesta.
    Non trovo giusto, che si infligga quella pena, seppur modesta, per un quantitativo che certe persone utilizzano in un mese.

  9. #129
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    Il problema e' che nel caso di specie il giudice non ha ritenuto che la detenzione dell'intero quantitativo fosse destinato ad uso personale, perché frazionato in più campioni e perché oltre a contenere elevati livelli di principio attivo, i campioni erano disomogenei tra loro.

  10. #130
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    Disomogenei tra loro = erano diverse varietà di cannabis?
    «Impara a leggere le cose intorno a te/finché non se ne scoprirà la realtà./Districa le regole che non ci funzionan più/per spezzar poi tutto ciò con radicalità»
    AreA - L'elefante bianco
    «Io lotto con le opinioni, che son i nostri padroni/l'errore più grande è odiare e amare solo volti e nomi/lottare con le opinioni è lottare anche con se stessi/contro i propri pensieri più meschini e sottomessi»
    Zona MC - Nemici miei

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