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Discussione: novità giurisprudenziali

  1. #81
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    Tutto chiaro... sembra molto logico.
    Να είναι καλύτερο άτομο από τον πατέρα σου
    Lett: Na éinai caliùtero àtomo apò ton patéra sù
    Trad: Sii un uomo migliore di tuo padre

    Ogni riferimento a fatti, persone o persone fatte é puramente voluto

    C: Non mi funziona il filtro a carboni attivi...
    Richard: In che senso non ti funziona?
    C: nel senso che ho collegato i cavi, inserisco la presa e non va...
    Richard: cioé, te hai collegato i cavi elettrici al filtro a carboni attivi?
    C: Sí, e non va.

  2. #82
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    Desidero riagganciarmi al commento di ieri per fornire una sommaria indicazione metodologica ulteriore in tema di coltivazione, che potremo, magari privatamente, approfondire.
    Vorrei fare presente che in caso di sequestro di piante di canapa, un elemento che deve essere privilegiato è quello dell'accertamento della tipologia specifica dell'arbusto.
    Vale a dire, che non può essere sufficiente che le ff.oo. dichiarino empiricamente che si tratta di piante di canapa, perchè il reato sia accertato ed un eventuale arresto sia legittimamente operato.
    Stando, infatti, all'orientamento della Cassazione di cui alla sentenza 13 novembre 2013, è necessario, anche al fine di valutare un 'ipotetica idoneità - peraltro opinabile e che continuo a contestare - delle piante a produrre sostanze stupefacenti, che venga accertata concretamente la circostanza relativa la fatto che le stesse siano (o meno) riconducibili alla categoria delle femmine o dei maschi oppure degli ermafroditi.
    La circostanza che solo le prime, a differenza dei secondi, sono in grado di produrre un THC ad effetto stupefacente, costituisce elemento che giustifica l'accertamento in questione.
    Tutti voi sapete che la differenza di sesso tra le piante, ove non si dia corso ad un'immediata perizia, che usualmente non è possibile svolgere nell'immediatezza del sequestro, non può essere accertata se non da esperti botanici e certamente non dai Carabinieri all'impronta.
    Dunque, è necessario eccepire espressamente tale aspetto, chiedere espressamente un'immediata verifica, così che un eventuale arresto del coltivatore, effettuato in assenza di certezza dell'appartenenza della pianta alla categoria botanica atta a produrre cannabis, potrebbe apparire illegittimo.
    Ultima modifica di Avv. Zaina; 05-01-14 alle 16:47

  3. #83
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    In altra sezione del sito, PAWAN KUMAN solleva un'intelligente tematica concernente l'omicidio stradale.
    Condivido in toto le preoccupazioni che ha espresso e che, seppure sotto altri profili ho - a mia volta - espresso martedì 2 gennaio, in un'intervista che ho rilasciato a Radio Capital sullo specifico tema.
    Mi permetto di sottoporvi alcune brevissime riflessioni.
    Lo stato dell'arte relativo all'accertamento delle condizioni di sottoposizione a stupefacenti da parte di un conducente in Italia e', attualmente ad un livello confuso e, comunque, poco chiaro.
    Qualsiasi accertamento tecnico non permette, infatti, di individuare il dato fondamentale e cioè di definire esattamente il momento di assunzione della cannabis da parte dell'interessato, in quanto ciascuna forma di controllo tramite analisi non permette di superare lo spettro temporale retroattivo che risulta ampio.
    Per le droghe pesanti, esso e' di circa 96 ore, per la cannabis può giungere addirittura a 40 giorni.
    Sussiste invece, necessità di identificare esattamente e con certezza scientifica lo stato di abilità o disabilità temporanea del conducente, che apparentemente ha assunto in precedenza al controllo cannabis, per evitare esiti cd. falsi positivi.
    Nel dubbio la Cassazione, dovendo accogliere questo dato metodologico scientifico (che risulta favorevole ai cittadini), si basa (quando i verbalizzanti lo scrivono) sulle percezioni soggettive dirette, vale a dire "occhi rossi, pupille dilatate, frasi sconnesse, andatura traballante".
    Ci si trova ,quindi, alla merce' delle capacità percettive delle ff.oo. (e della loro ottima fede).....

  4. #84
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    Sempre meglio, passano da braccio armato di uno stato corrotto a giudici e medici!! Belle storie -.-
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    C: Non mi funziona il filtro a carboni attivi...
    Richard: In che senso non ti funziona?
    C: nel senso che ho collegato i cavi, inserisco la presa e non va...
    Richard: cioé, te hai collegato i cavi elettrici al filtro a carboni attivi?
    C: Sí, e non va.

  5. #85
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    Desidero farvi conoscere le motivazioni della sentenza di Cagliari, che aveva assolto un mio assistito per detenzione di marjiuana, di cui vi aveva anticipato l'emissione prima di Natale.Aggiungo anche un breve preliminare commento. Buona lettura.

    La destinazione al consumo esclusivamente personale – quale circostanza scriminante - può formare oggetto di deduzione anche in presenza di un quantitativo lordo non modico di stupefacente, ove, però, il principio attivo risulti oggettivamente modesto ed idoneo a permettere di ottenere un numero di dosi (meglio, però, sarebbe usare il criterio della Q.M.D.) effettivamente ridotto ed appaia coerente con un fabbisogno del detentore.
    Questo canone interpretativo, unitamente alla allegazione-dimostrazione, da parte dell'indagato, di essere abituale assuntore di cannabis, è stato, quindi, posto a base dell'assoluzione di un giovane (accusato di detenere 237 grammi lordi di cannabis indica), pronunziata dalla Corte di Appello di Cagliari, con la sentenza n. 1510 del 4/19 dicembre 2013.
    La sentenza appare, inoltre, anche di specifico interesse, perchè il Collegio – ai fini della propria decisione – pone una inusuale attenzione all'effettivo comportamento generale dell'imputato – condannato, invece, in primo grado –.
    Da tale esame la Corte territoriale estrapola, infatti, ulteriori argomenti, che risultano convergenti, nel senso di dimostrare la sussistenza dell'evocata scriminante dell'uso esclusivamente personale.
    Dal reperimento di una minima quantità di stupefacenti (circa 250 mg.) nella camera del giovane, la Corte perviene, pertanto, alla considerazione, che l'indagato potesse fare uso cadenzato della sostanza complessivamente trovata in suo possesso, attraverso un prelevamento, ogni volta, dal compendio generale, di quanto gli servisse effettivamente per il proprio contingente fabbisogno.
    Questa valutazione si dimostra assolutamente corretta metodologicamente.
    Essa viene, poi, corroborata e rafforzata anche dalla circostanza che, nel caso concreto, non è stata ravvisata quella tipologia di modalità di confezionamento (ad esempio ripartizione della marjiuana in più dosi), che può, invece, congiurare per escludere il consumo personale d indurre a ritenere esistente un'ipotesi di destinazione alla cessione in favore di terzi.
    Altri ulteriori elementi che la Corte distrettuale ha valorizzato per la propria pronunzia, consistono, poi,
    1.sia nell'assenza dell'attrezzatura usualmente rinvenibile nella disponibilità di colui (o coloro) che venga identificato nella figura del pusher – bilancine di alta precisione, strumenti per ripartire in dosi lo stupefacente, cellophane per il confezionamento etc. -,
    2.sia nella dimostrata capacità economica del giovane, condizione di autosufficienza economica che contrasta efficacemente qualsiasi ipotesi accusatoria avversa.
    Si può, quindi, affermare che l'onere di allegazione di elementi a discarico da parte dell'imputato – pur non venendo equiparato dalla giurisprudenza ad un vero e proprio adempimento dell'onus probandi - nella fattispecie appare atteggiamento difensivo proficuo e decisivo.
    Da ultimo si osserva che neppure il rinvenimento di semi coltivabili – condotta che, peraltro, non costituisce di per sé illecito di alcun tipo – può venire assunto come sintomatico di una rilevanza penale della detenzione accertata (semmai, al limite, avrebbe potuto configurare situazione preliminare alla coltivazione, che, peraltro, non può essere contestata nelle forme del tentativo).
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  6. #86
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    Desidero segnalarvi un'importantissima sentenza, in via di pubblicazione della Corte di Cassazione che ha stabilito che (a seguito della modifica del regime della lieve entità da circostanza attenuante a reato autonomo) la prescrizione della nuova ipotesi di reato del comma 5 dell'art. 73 non sia più commisurata sulla pena prevista dall'art. 73 comma 1 (dunque da 20 - termine breve -a 25 anni -termine lungo -, salvo ulteriori aumenti per ipotesi di recidiva), bensì venga ridotta a 6 - termine breve - oppure a 8 anni - termine lungo - con effetto retroattivo.
    Vale, quindi, a dire che questo computo più favorevole di prescrizione si applica anche a casi che si siano verificati precedentemente all'entrata in vigore del d.l. 146 del 23 dicembre 2013.
    Una buona notizia!

    STUPEFACENTI – FATTO DI LIEVE ENTITA’ – NUOVA FORMULAZIONE DELL’ART. 73, COMMA 5, D.P.R. N. 309 DEL 1990, INTRODOTTA DAL D.L. 23 DICEMBRE 2013, N. 146
    – IPOTESI AUTONOMA DI REATO – SUSSISTENZA – CONSEGUENZE – TERMINE DI PRESCRIZIONE DI SEI ANNI – APPLICABILITÀ ANCHE AI FATTI ANTERIORMENTE COMMESSI - SUSSISTENZA Con sentenza emessa l’8 gennaio 2014 – di cui è stata fornita l’informazione provvisoria – la Sesta sezione della Corte di cassazione ha affermato che la nuova formulazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, introdotta dall’art. 2 del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 146, configura un titolo autonomo di reato per fatti di lieve entità riconducibili alle altre previsioni contenute nel medesimo art. 73, precisando che il più breve termine di prescrizione di sei anni previsto per tale reato ex art. 157 comma 1 cod. pen., debba applicarsi anche retroattivamente, a norma dell’art. 2, comma quarto, cod. pen.
    Ultima modifica di Avv. Zaina; 11-01-14 alle 22:22

  7. #87
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    Cosa comporterebbe questo? Una riduzione di pena, a chi condannato anche precedentemente?

  8. #88
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    Citazione Originariamente Scritto da the.pitbull Visualizza Messaggio
    Cosa comporterebbe questo? Una riduzione di pena, a chi condannato anche precedentemente?
    Questo orientamento comporta la conseguenza che il tempo prescrivere il reato viene congruamente ridotto e viene finalmente rapportato all'effettiva portata criminosa della vicenda.
    Prescrivere significa, in sintesi,che il giudice pur riconoscendo la colpevolezza dell'imputato, non pronunzia, però, nei di lui confronti una sentenza di condanna, e non applica una pena in concreto, perchè, al momento della pronunzia della sentenza, è trascorso troppo tempo dalla data di commissione del fatto-reato.
    Sino ad oggi, anche se la condotta od il fatto illecito, concernente gli stupefacenti, fossero stati considerati modesti o di scarso rilievo - e dunque fosse stata riconosciuta la lieve entità del comma 5 dell'art. 73, con riduzione di pena rispetto all'ipotesi ordinaria - i termini di prescrizioni rimanevano, comunque, quelli (lunghissimi) del comma 1.
    Si trattava di una conseguenza ingiusta, ma ineccepibile, purtroppo, perchè direttamente consequenziale alla natura della lieve entità, che era stata concepita dal legislatore come circostanza attenuante.
    Ora, tale conseguenza non è più applicabile e vi è un rapporto di corretta proporzionalità fra fatto e prescrizione.

  9. #89
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    Grazie, è stato chiarissimo.

  10. #90
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    Con la sentenza 1251/14, la Sesta Sezione della Suprema Corte interviene nuovamente sul tema della detenzione ad uso esclusivamente personale di sostanze stupefacenti.
    Lo fa, attraverso l'annullamento di una duplice pronunzia di condanna dei giudici di merito di Catania, che avevano ritenuto – nei due gradi di giudizio – che la detenzione di tre dosi di marjiuana legittimasse una affermazione di responsabilità ed una condanna per la violazione del comma 1 ed 1 bis dell'art. 73 dpr 309/90.
    I principi esposti dal Supremo Collegio appaiono chiari ed univoci.
    In primo luogo (ed in relazione alla errata affermazione di rilevanza penale della condotta detentiva) si osserva che appare dirimente, per la pronunzia di annullamento della sentenza, l'adempimento dell'onere di allegazione che compete all'imputato.
    Nella fattispecie tale onere era stato assolto, tramite la dimostrazione dello stato di dipendenza da droghe del minore imputato – circostanza di cui, invece, i giudici distrettuali non solo non avevano dato atto, ma che, incomprensibilmente avevano negato -.
    In presenza di un quantitativo assai modesto – come quello del caso di specie – la prova dello stato di assuntore dell'imputato costituisce elemento significativo per ritenere acclarata la destinazione a fini personali dello stupefacente.
    In secondo luogo, i giudici di legittimità si soffermano sul concetto di lieve entità, escluso dalla Corte di merito sulla base della presunzione che l'imputato svolgesse un'attività di spaccio non occasionale ed episodica.
    Tale presunzione si fondava sia sul rinvenimento dello stupefacente, che sul possesso – da parte dell'imputato – di 120 euro (somma definita dalal sentenza di Appello “importante”).
    La Corte, invocando l'uso di criteri di proporzionalità e ragionevolezza fra offensività del fatto e pena inflitta, ha censurato l'indirizzo assunto dalla Corte di Appello, sul presupposto della compatibilità fra fatto lieve e l'attività di spaccio non occasionale, in quanto il dpr 309/90 prevede l'ipotesi del comma 6 dell'art. 74 (associazione per delinquere per fatti di lieve entità).
    Questa espressa previsione normativa suppone, infatti, una struttura illecita che operi con una sua continuità e stabilità, requisiti propri della non occasionalità.
    Dunque, nel caso di specie, è proprio la specifica lettera della legge che smentisce l'assunto dei giudici.
    Si parono, quindi, per l'imputato prospettive sia di assoluzione, che, in ipotesi negativa di inflizione di una pena minima.
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Nome: Cass. Sez. VI 14 gennaio 2014 detenzione e lieve entità.pdf‎ 
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